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Errare_Embodied Places. Ascolto e riscrittura nella pratica del camminare

Errare_Embodied Places. Ascolto e riscrittura nella pratica del camminare

Errare_Embodied Places. Ascolto e riscrittura nella pratica del camminare

 

Sabato 19 ottobre 2019 Quartiere di Montesanto, Napoli

“Errare” è stato il primo movimento del progetto Eco*Walking Beyond. Mappare, Narrare, Errare, un format nato dalla combinazione tra Walking Beyond ciclo proposte dal Laboratorio del Cammino ed Ecologie Politiche del Presente, inserito all’interno del programma di Public Engagement del Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” che ha visto intrecciare numerose collaborazioni.

Un approfondimento sulle basi teorico-scientifiche che ci hanno mosse si può trovare nell’articolo scritto da tutte noi dal titolo Mappare, Narrare, errare. Pratiche ecologiche e inclusive dei cammini a Napoli, pubblicato all’interno del volume Spazi e corpi in movimento. Fare urbanistica in cammino a cura di Luca Lazzarini e Serena Marchionni.

La proposta di fare dei cammini a Napoli all’interno di Ecologie Politiche del Presente ha portato alla creazione di un collettivo di curatrici ovvero Daniela Allocca, Alessandra Caputi, Gaia Del Giudice, Ivana Fabbricino.

Credo sia stato come rispondere ad una chiamata e l’affinità nell’approccio all’attraversamento della città e a quello che questo avrebbe narrato ha determinato la nascita del gruppo in maniera spontanea. Il processo di progettazione delle camminate è stato lungo e articolato con una serie di sopralluoghi che hanno determinato la scelta dei percorsi.

Questo primo movimento è nato dall’idea di scoprire parti di città che sfioriamo quotidianamente ma che non incontriamo quasi mai.

Riflettendo sul concetto di erranza e di embodied places abbiamo attraversato la città porosa, nei suoi spazi interstiziali alla ricerca di quelle connessioni invisibili tra vicoli, scale, fondaci e giardini.

Come primo appuntamento ci siamo prefissate come idea quella di sintonizzarci con il camminare e con la città cercando di perdere il contatto con il modo consono di camminare per andare verso l’ascolto, verso una presenza tattile del nostro stare nella città.

Con il tempo abbiamo smesso di ascoltare la città e molte parti della città sono come scomparse ai nostri sensi. Questo succede nei luoghi più frequentati della città, ci sono connessioni invisibili date da vicoli, scale, giardini.

Come accordare il ritmo del nostro passo al ritmo di questi spazi? Come accordare il nostro ritmo al ritmo della persona con cui ci troviamo a camminare? Il ritmo che queste strade disegnano nella tessitura urbana si affievolisce nel momento in cui se ne perde l’uso?

Andando a piedi abbiamo avuto modo di riscoprire parti di questo corpo della città che forse non risuonavano più.  Il cammino è diventato uno strumento per aprire la nostra percezione, per renderci ecologici in quanto inclusivi verso quello che ci circonda.

“Ogni paesaggio è movimento, è un fascio di movimenti, e le tracce delle sue metamorfosi sono altrettanti cammini possibili, da ripetere con il passo, da attraversare con il corpo: nervature, linee di tensione, scorrimenti, crescite, flussi, dissoluzioni, addensamenti, frontiere, isole, macchie, arcipelaghi, reti… Il passo è il nesso fisico tra i miei movimenti mentali e i movimenti invisibili del paesaggio: le crescite del paesaggio si imprimono nel terreno, le forme del terreno modificano il camminare, le variazioni nel camminare modificano l’ordine, il ritmo e l’intensità dei pensieri, le crescite del paesaggio si imprimono nella mente come massaggio in punta di piedi.” Matteo Meschiari, Geoanarchia.

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