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«Can the subaltern speak» attraverso l’ambiente?

«Can the subaltern speak» attraverso l’ambiente?

Condividiamo il numero tematico della rivista «Diacronie. Studi di storia contemporanea» (n°44, 4|2020), dedicato alla storia ambientale postcoloniale.
Grazie a Roberta Biasillo ed Elisa Tizzoni per averlo ideato e curato, regalando nuova e necessaria linfa al dibattito italiano su questi temi. Delle autrici condividiamo l’Introduzione allo speciale. Per citare questo articolo: BIASILLO, Roberta, TIZZONI, Elisa, «Can the Subaltern speak attraverso l’ambiente? Tra Storia dell’ambiente e Subaltern Studies», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : «Can the Subaltern Speak» attraverso l’ambiente?, 44, 4/2020, 29/12/2020, URL: < http://www.studistorici.com/2020/12/29/biasillo-tizzoni_numero_44/ >
Buona lettura!

Introduzione. Can the sulbartern speak attraverso l’ambiente?
Tra storia dell’ambiente e sulbaltern studies

Negli ultimi due decenni gli studi ambientali hanno svolto un ruolo importante nel delineare e rivitalizzare i Subaltern Studies [1] e questo numero monografico ha appunto l’obiettivo di mostrare i punti di confluenza tra la storia ambientale e questo ambito di ricerca e di esplorarne le attuali direttrici comuni e i possibili futuri intrecci.
Da un lato, la storia ambientale – insieme alla geografia storica – negli ultimi anni ha esplorato con crescente interesse il nesso ambiente-colonialismo [2] ed è stata fortemente influenzata dalle innovazioni teoriche e metodologiche introdotte dalle environmental humanities [3] e dall’attenzione alla conflittualità e alla dimensione politica mutuata da un approccio vicino alla ecologia politica [4]. Dall’altro, a partire dal 1988, il saggio di Gayatri Chakravorty Spivak Can the Subaltern Speak?, che dà il nome a questo monografico, ha continuato a interrogare e far interrogare generazioni di studiose e studiosi afferenti alle discipline umanistiche e alle scienze sociali su come dare voce a chi non ne aveva avuta, su come rendere giustizia ai popoli colonizzati, su come rendere visibile chi era rimasto invisibile e non rappresentato [5].

Nonostante questa evidente convergenza di temi e tendenze, ad oggi manca una riflessione sulla potenzialità dell’ambiente, inteso sia come categoria storiografica sia come soggetto storico in evoluzione [6], di offrire strumenti di analisi critici – non eco-modernisti, non neo-coloniali, non androcentrici [7] –, di rappresentare uno spazio materiale di azione per gruppi o singoli agenti tradizionalmente considerati marginali, di mettere infine in discussione la validità del concetto stesso di soggetto subalterno.

La storiografia ambientale ha risposto agli stimoli degli studi post-coloniali e all’allargamento del concetto di giustizia e democrazia all’ambito ecologico in vari modi: ha guardato all’ambientalismo dei subalterni [8]; ha raccontato, imparato da e analizzato i movimenti sociali [9]; ha dialogato con la storia orale [10], la public history [11] e la storia di genere [12]; con particolare riferimento al caso italiano, ha messo in evidenza i limiti del boom economico[13].

A partire dalla storiografia esistente e dai saggi qui proposti abbiamo provato a rispondere a due domande.

Che cosa può aggiungere un’analisi storica con una prospettiva ambientale al dibattito sulla subalternità? Quali implicazioni metodologiche e teoriche possono avere i Subaltern Studies per la storia ambientale?

Questo numero di Diacronie offre due possibili risposte all’interrogativo di come ridefinire e ricollocare la questione della subalternità attraverso l’ambiente: la prima risposta è quella di spostare il focus della ricostruzione storica verso le aree fino ad ora considerate periferiche e di dare centralità al cosiddetto Global South; la seconda, e più innovativa, è di prestare attenzione alle dinamiche interne agli spazi della subalternità, che si trovano indistintamente nei Nord e nei Sud del mondo [14] e di delineare come fenomeni storici transnazionali o globali determinano o trasformano le condizioni di subalternità a livello locale e ne allargano, restringono o cancellano i confini.

Nei saggi che leggerete, a nostro avviso, tre sono le implicazioni teoriche e metodologiche che si possono individuare. La prima riguarda la validità dell’aggettivo subalterna/o/i e il suo rapporto con l’aggettivo indigena/o/i. Per quanto i Subaltern Studies e gli Indigenous Studies rimangano due domini di ricerca separati, alcuni saggi mostrano come le comunità e le filosofie indigene condividano con i gruppi definiti in maniera stringente come subalterni la coesistenza con le eredità del colonialismo, l’esperienza della diseguaglianza economica e ambientale, la pratica di forme di resistenza culturale e politica [15]. Quanto indigeno coincida in questi anni con subalterno e quanto un approccio ‘indigeno’ alle emergenze ambientali stia diventando sempre più centrale nelle analisi accademiche e nelle misure di mitigazione e adattamento climatico rimangono questioni aperte e soprattutto questioni di prospettiva e anche di tempo, quello che i cambiamenti dovuti al riscaldamento globale ci lasceranno.

La seconda implicazione è che la ricostruzione storica non può più prescindere dalla environmental subjectivity, cioè dalla definizione dell’umano, delle sue pratiche e delle sue identità attraverso la relazione con il mondo non-umano [16]. Le animal histories di questo numero rimandano ad un’altra questione aperta, quella dell’agency del non-umano, consapevoli che la soggettività e la capacità delle piante, degli animali e degli elementi ecologici di dirigere il corso della storia, così come proposto dal neo-materialismo [17], va al di là della questione della soggettività ambientale, ma di sicuro contribuiscono a tirare fuori l’ambiente dalla lista dei soggetti subalterni.

La terza implicazione è il riconoscimento della insersezionalità della violenza: le trasformazioni imposte alle due categorie storicamente subalterne, gli ambienti “improduttivi” e i gruppi marginali, non procedono separatamente, ma si sommano e si istituzionalizzano. La rivendicazione e la ridefinizione del legame tra ecologia e donne e tra ambientalismo e femminismo diventa una forma fondamentale di emancipazione, di critica e di resistenza contro un sistema che normalizza e banalizza lo sfruttamento di ambienti e persone, le ingiustizie sociali ed ecologiche, i razzismi, i sessismi e gli specismi [18].

Il numero

La necessità di decolonizzare i sistemi di produzione di conoscenze e l’impossibilità di sfuggire alle sfide delle trasformazioni ambientali in corso mette tutti i saggi raccolti e i testi presentati in questo fascicolo in relazione diretta o indiretta con i problemi e le questioni del presente.

In apertura del numero, Julie Beauté propone una riflessione epistemologica sulle more-than-human subaltern stories, traendo spunto dal pensiero della filosofa eco-femminista Val Plumwood. Segue un caso concreto di more-than-human history di Samuel Ducourant, che ricostruisce il primo dibattito scientifico sul benessere degli animali negli allevamenti intensivi di polli, sviluppatosi in Europa tra il 1979 e il 1981.
Joana Sousa, Miguel Carmo, Pedro Varela, Ricardo Ventura e Manuel Bivar ci conducono in un viaggio nel Portogallo della tarda età moderna, reinterpretando il ruolo degli schiavi africani nella coltivazione di riso presso le foci dei fiumi Sado e Tago.
Compiendo un salto nel tempo e nello spazio, l’articolo di Antonino Adamo rilegge la guerra condotta dal Bougainville Revolutionary Army per l’indipendenza dell’isola alla luce del concetto di eco-rebellion.
Julien Hocine e Oumar Kane prendono in considerazione alcuni degli aspetti più controversi del concetto di “subalternità” nel dibattito pubblico odierno, ricostruendo le origini e lo sviluppo delle campagne contro la caccia alla foca e evidenziando le conseguenze di esse sulle comunità Inuit del Canada.
Attraverso un approccio etnografico, Anna Karin Giannotta indaga la condizione di vita dei waste pickers nel Marocco contemporaneo, ponendo in discussione la loro presunta “subalternità” nella società locale. Anche la ricerca di Costantino Paonessa si concentra sulla storia recente e l’importanza delle lotte ambientali nella Primavera araba (2010-2011).
Il concetto di buen vivir è al centro del saggio di Claiton Marcio da Silva, Delmir José Valentini e Samira Peruchi Moretto, nel quale è presentata una ricerca sullo stile di vita dei caboclos brasiliani. Restiamo in Brasile con l’articolo di Gioacchino Orsenigo, che rilegge il fondamentale testo di Davi Kopenawa The falling sky ponendo in evidenza l’intreccio tra politica ed ecologia, tra storia e mito.
La seconda sezione del volume include interviste realizzate con figure di rilievo delle Environmental Humanities e dei Subaltern Studies.
Dipesh Chakrabarty, autore di riferimento nei post-colonial studies, offre una riflessione metodologica su come le disuguaglianze, i sistemi di conoscenza, le storie planetarie e le scale di analisi possano prendere forme diverse nelle ricerche di environmental humanities.
James Ogude esplora le implicazioni etiche e filosofiche del concetto di co-agency (ubuntu), Mettendolo in relazione con il contesto sudafricano e, più in generale, africano.
Julie Sze invita a riconsiderare il concetto di sostenibilità a partire da un esame della (in)giustizia ambientale nella società di oggi e delle sfide della pandemia.
Chiude il numero la consueta sezione dedicata alle recensioni.

Ringraziamenti

Le autrici ringraziano gli autori e le autrici, i referees e i colleghi e le colleghe della Redazione e chi ha collaborato all’uscita del numero (Ludovica Paci e Valentina Rizzo) per l’impegno speso a favore di un numero monografico ambizioso e realizzato in uno dei momenti più difficili degli ultimi anni per il mondo della ricerca e per la società in generale.
Un ringraziamento speciale va a Wilko Graf von Hardenberg per le preziose indicazioni fornite nella fase di gestazione del numero.

Note

[1] SARKAR, Sumit, The Decline of the Subaltern in Subaltern Studies, in LUDDEN, David (edited by), Reading Subaltern Studies: Critical History, Contested Meaning and the Globalization of South Asia, London, Anthem Press, 2002, pp. 400-429, p. 420; JAZEEL, Tariq, LEGG, Stephen, Subaltern Studies, Space, and the Geographical Imagination, in ID. (edited by), Subaltern Geographies, Athens, University of Georgia Press, 2019, pp. 1-35. 

[2] Per citare uno dei volumi più rilevanti: GROVE, Richard, Ecology, Climate, and Empire: Colonialism and Global Environmental History, 1400-1940, Cambridge, White Horse Press, 1997.

[3] BERGTHALLER, Hannes, EMMETT, Rob, JOHNS-PUTRA, Adeline et al., «Mapping Common Ground: Ecocriticism, Environmental History, and the Environmental Humanities», in Environmental Humanities, 5, 2014, pp. 261-276; ARMIERO, Marco, Environmental History between Institutionalization and Revolution: A Short Commentary with Two Sites and One Experiment, in IOVINO, Serenella, OPPERMANN, Serpil (edited by), Environmental Humanities. Voices from the Anthropocene, London, Rowman and Littlefield International, 2017, pp. 45-60. 

[4] HORNBORG, Alf, Introduction: Environmental history as political ecology, in HORNBORG, Alf, McNEILL, John R., MARTINEZ-ALIER, Joan (edited by), Rethinking environmental history: World-system history and global environmental change, Lanham, AltaMira Press, 2007, pp. 1-24; OFFEN, Karl, «Historical Political Ecology: An Introduction», in Historical Geography, 32, 2004, pp. 19-42. 

[5] MORRIS, Rosalind C. (edited by), Can the Subaltern Speak? Reflections on the History of an Idea, New York, Columbia University Press, 2010. 

[6] SÖRLIN, Sverker, WARDE, Paul, Making the Environment Historical. An Introduction, in IID. (edited by), Nature’s End, London, Palgrave Macmillan, 2009, pp. 1-19; WARDE, Paul, ROBIN, Libby, SÖRLIN, Sverker, The Environment. A History of the Idea, Baltimora, Johns Hopkins University Press, 2018. 

[7] BARCA, Stefania, «L’Antropocene: una narrazione politica», in IAPh Italia, URL: < http://www.iaphitalia.org/stefania-barca-lantropocene-una-narrazione-politica/> [consultato il 2 dicembre 2020]. 

[8] ALIER, Joan Martinez, Ecologia dei poveri. La lotta per la giustizia ambientale, Milano, Jaca Book, 2009; BARCA, Stefania, «Laboring the Earth: Transnational Reflections on the Environmental History of Work», in Environmental History, 19, 1/2014, pp. 3-27; EGAN, Michael, «Subaltern Environmentalism in the United States: A Historiographic Review», in Environment and History, 8, 1/2002, pp. 21-41. 

[9] FORSYTH, Tim, «Are environmental social movements socially exclusive? An historical study from Thailand», in World development, 35, 12/2007, pp. 2110-2130; ARMIERO, Marco, SEDREZ, Lise (edited by), A History of Environmentalism: Local Struggles, Global Histories, New York, Bloomsbury Academic, 2012. 

[10] CASA NOVA MAIA, Andréa, SEDREZ, Lise, MUKHERJEE, Suroopa, Oral Histories of Disasters, XVIII Congreso Internacional de Historia Oral “Poder y democracia” (Barcelona, 9-12 luglio 2014) , URL: < http://www.ub.edu/historiaoral.barcelona2014/actas/assets/mesa_22.pdf > [consultato il 2 dicembre 2020]. 

[11] MELOSI, Martin, «Public History and the Environment», in The Public Historian, 15, 4/1993, pp. 10-20. 

[12] Ecostorie. Donne e uomini nella storia dell’ambiente, numero monografico della rivista Genesis, 12, 2/2013, a cura di Stefania Barca e Laura Guidi. 

[13] MALAVASI, Giulia, Manfredonia: storia di una catastrofe continuata, Milano, Jaca Book, 2018; ZIGLIOLI, Bruno, Sembrava nevicasse. La Eternit di Casale Monferrato e la Fibronit di Broni: due comunità di fronte all’amianto, Milano, Franco Angeli, 2016. 

[14] De JONG, Sara, MASCAT, Jamila M. H., «Relocating subalternity: scattered speculations on the conundrum of a concept», in Cultural Studies, 30, 5/2016, pp. 717-729, p. 724. 

[15] BYRD, Jodi A., ROTHBERG, Michael, «Between subalternity and indigeneity. Critical Categories for Postcolonial Studies», in Interventions, 13, 1/2011, pp. 1-12, p. 11. 

[16] BRUNO, Andy, «Environmental Subjectivities from the Soviet North», in Slavic Review, 78, 1/2019, pp. 1-22, p. 2. 

[17] LATOUR, Bruno, Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford, Oxford University Press, 2005; BENNETT, Jane, Vibrant Matter: A Political Ecology of Things, Durham, Duke University Press, 2010; LeCAIN, Timothy, The Matter of History: How Things Create the Past, Cambridge, Cambridge University Press, 2017. 

[18] CENTEMERI, Laura, GIARDINI, Federica, PRUNETTI, Alberto et al., «Teresa e le altre. Una tavola rotonda virtuale», in La camera blu, 18, 2018, pp. 89-106, p. 89. 

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